La storia di Alitalia

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L’Alitalia nacque nel primo dopoguerra ed esattamente il 16 settembre 1947 con una partecipazione del governo inglese al capitale azionario del 30% mentre il resto era di proprietà del Governo Italiano (47,5%) e di investitori privati (22,5%); inizierà ad operare solo il 5 maggio 1947 effettuando un volo da Torino a Roma.
Ebbe così inizio la storia della Compagnia della "gente con le ali", nomignolo con cui venivano affettuosamente chiamati i dipendenti Alitalia molto tempo fa.

I primi anni furono duri, la flotta era costituita da vecchi aeroplani militari rimessi a posto e l’organizzazione del lavoro delegata ai singoli dipendenti che, con spirito di abnegazione e sacrificio, si facevano in quattro per far funzionare l’azienda. Nonostante le grandi difficoltà già nel luglio del 1947 l’Alitalia effettuò il primo volo internazionale da Roma ad Oslo utilizzando un vecchio Savoia Marchetti SM-95 per riportare in Norvegia un gruppo di marinai.

Un mitico dirigente di quei gloriosi anni fu l’ing. Bruno Velani (pilota e ingegnere aeronautico) che allora ricopriva la carica di Direttore Tecnico e che, negli anni del grande sviluppo in cui svolse le funzioni di Amministratore Delegato, dichiarò in una intervista:

"Si, non appena imprese italiane aprono i loro cantieri, in qualsiasi parte del globo, dovunque ci siano lavoratori o emigranti italiani, tutte le volte che si prospetta la necessità di collegamenti con la madrepatria, l’Alitalia apre una linea, uno scalo, una rappresentanza".

Ecco, questo era lo spirito di quegli anni: con grandi sacrifici, iniziativa personale, passione ed un forte entusiasmo si superavano tutti i problemi.

Gli anni ’50 furono caratterizzati dal completo rinnovamento della flotta e dalla continua espansione della rete. È da ricordare che nel ’57 ci fu la fusione con l’altra compagnia aerea italiana controllata dallo Stato, la LAI – Linee Aeree Italiane, da cui nacque il vettore di bandiera che aveva come base d’armamento Roma Ciampino.

Per curiosità (ma anche per sottolineare che lo Stato Italiano ha SEMPRE controllato l’Alitalia) riporto la composizione del capitale delle due compagnie negli anni ’50:

LAI

Iri e demanio: 43,35%
Twa (USA):  30.00%
Azionisti privati: 26,65%

Alitalia

Iri e demanio: 61,35%
Bea e Boac: 30,00%
Azionisti privati: 8,65%

Dopo la fusione la partecipazione delle compagnie inglesi ed americane andò a scomparire; è da evidenziare che l’Alitalia allora aveva 45 aeromobili e circa 3000 dipendenti.

Gli anni ’60 furono quelli del boom con l’arrivo dei primi aeroplani a reazione (DC-8/43 e Caravelle) ed il raggiungimento di traguardi prestigiosi come il milionesimo passeggero trasportato. Ci fu inoltre il trasferimento della base di armamento a Fiumicino nelle nuove strutture della "Città del Volo".

Furono gli anni del grande sviluppo: nuovi aerei (entrata in servizio anche del DC-9/30 e del DC-8/62) e tante nuove rotte che portarono l’Alitalia a vantare una rete che si classificava al quarto posto come fatturato, numero di passeggeri ed estensione chilometrica.
Anche l’innovazione tecnologica procedeva di pari passo con lo sviluppo della Compagnia; ad esempio, l’Alitalia fu la prima compagnia europea a dotare i propri aeromobili DC-8/62 di piattaforme inerziali (forniscono al pilota i dati di navigazione senza ausili esterni). Venne anche inaugurato il sistema informatico ARCO per le prenotazioni che, con vari aggiornamenti, credo che sia ancora in uso oggi!

I primi anni settanta (fino alla prima crisi petrolifera del ’73) furono ancora anni di sviluppo: arrivarono i wide bodies (il B747 nel maggio del ’70 ed il DC-10/30 che entrò in linea nel 1973) e la rete raggiunse la sua massima espansione con destinazioni in tutti i continenti.
Furono però anche gli anni in cui la "presenza" della politica nell’azienda si fece molto più marcata iniziando ad influenzare negativamente le scelte operative.

Negli anni 1973-79 il posto di amministratore delegato fu occupato da Umbero Nordio (che poi divenne presidente dal 1978-88) e sotto la sua gestione si verificarono pesanti conflitti sindacali, come il famoso sciopero di 40 giorni degli Assistenti di Volo del Comitato di Lotta, oppure lo sciopero dell’81 dei piloti (Aquila Selvaggia) che portò alla loro prima precettazione.

In quegli anni ero già in azienda e personalmente ritengo che fu all’epoca che iniziarono i grandi problemi di Alitalia.

La prima grande crisi petrolifera mise a dura prova le compagnie aeree e l’Alitalia non ne fu risparmiata, ma …. i bilanci venivano chiusi in attivo, anche se per ottenere un simile risultato si procedeva con operazioni di svendita di beni (aeromobili) e di servizi (cessione all’esterno) che iniziarono ad "impoverire" la compagnia proprio in un momento cruciale del trasporto aereo. Inoltre, alla fine degli anni ’70 (per l’esattezza nel ’78) negli Stati Uniti partì la deregulation che in breve tempo avrebbe sconvolto il mondo dell’aviazione civile. Mentre tutte le altre compagnie aeree facevano sforzi enormi (supportati dai Governi) per adattarsi ai nuovi scenari, l’Alitalia continuava ad operare solo in funzione delle esigenze politiche di turno fregandosene d’impostare piani industriali idonei a traghettarla verso la competitività richiesta in un mercato dei cieli globalizzato … l’unica preoccupazione era chiudere il bilancio in pareggio, o con poco passivo!

E così si arriva alla fine degli anni ’80 con l’Alitalia che è ormai sull’orlo del baratro tanto che dal 1989 al 1996 avrà solo bilanci in perdita, eccetto quello del ‘95 che vedrà un utile per la vendita del pacchetto di controllo di Aeroporti di Roma (come già detto, sono gli anni della svendita dei "gioielli di famiglia").

Nel ’98, con Cempella,  fu varato l’ultimo piano di risanamento della Compagnia che stipulò un’alleanza strategica con la KLM e ripianificò il network basando i voli su Malpensa. A causa dei timori reverenziali che il governo presieduto da Prodi ebbe verso l’Europa, Bruxelles punì l’Alitalia imponendo pesanti limitazioni (divieto di acquistare nuovi aerei o di applicare tariffe competitive); qualche anno dopo la Corte di giustizia sentenzierà che quella decisione era errata ed ingiusta, ma ormai il danno era stato fatto e si rivelerà irreversibile.

A causa dei vari casini combinati dal Governo (la chiusura di Linate mai avvenuta) e dalle amministrazioni locali (chi non ricorda i disagi che si verificarono a Malpensa e l’assoluta inadeguatezza dei collegamenti con Milano?) la KLM decise di interrompere l’accordo con l’Alitalia e pur di salvarsi da una fine certa sborsò una cifra rilevante che se non erro si aggirava sui 500 miliardi delle vecchie lire.

L’ultimo risanamento di Alitalia avvenne nel ’98 (furono anche distribuite delle azioni ai dipendenti per coinvolgerli maggiormente – così si disse), Malpensa partì in pompa magna ad ottobre del ’98 , ma dopo poco più di un anno tutto era andato a scatafascio e così …… iniziò il viaggio verso l’inferno.

Per chi ha poca memoria (ed in Italia sono molti) è utile ricordare che nel frattempo si era insediato Berlusconi (Il Governo Berlusconi 2 è stato in carica dall’ 11 giugno 2001 al 23 aprile 2005) ed è proprio in quel periodo che, prima con Mengozzi e poi con Cimoli [tutti e due provenienti dalle FF/SS], l’Alitalia si sgretolerà progressivamente fino ad arrivare al fallimento "de facto". Consultate il seguente grafico e riflettete!

Andamento delle azioni Alitalia con il governo Berlusconi

Fonte: Borsa Italiana

Il resto sono vicende attuali la cui fine è già scritta.

Addio "Mamma Alitalia", ti hanno prima sfruttata e poi uccisa!
 

Questo articolo ha 10 commenti

  1. brag

    A tutti quelli interessati ad approfondire la storia di Alitalia, specie quella recente, segnalo che in Chicago-Blog (diretto da Oscar Giannino e gestito in collaborazione con l’ Istituto Bruno Leoni ) il prof. Ugo Arrigo – docente di Economia alla Bicocca di Milano – analizza spesso la situazione economica di Alitalia. La lettura dei vari articoli è veramente interessante!

  2. daniela

    seeeeee!!!!!!!beati voi se pensate che sia in buone mani…….
    ai posteri la sentenza……………

  3. brag

    Sicuramente la compagnia adesso è in buone mani e vedrai che presto si vedranno i risultati della sua sistemazione definitiva.

    Gli attuali proprietari, nonché dirigenti ai massimi livelli, hanno già dimostrato le loro capacità imprenditoriali in altre aziende; sono quindi certo che applicheranno lo stesso “metodo di risanamento” anche a quello che rimane di Alitalia 😉

  4. Virgilio Conti

    Lettera al Ministro Renato Brunetta
    Alitalia, il miscuglio delle responsabilità

    Signor Ministro,
    mi chiamo Virgilio Conti, ho lavorato per 38 anni ed ho sempre biasimato condotte e comportamenti riconducibili a prassi di assenteismo, inoperosità et similia …e quando mi capitava d’imbattermi in personaggi che ricorrevano abitualmente a tali pratiche constatavo che il “sistema” poco o nulla poteva, voleva o sapeva fare …Non ho mai pensato che si dovesse ricorrere subito alla sanzione o, peggio, al licenziamento; so bene che i primi doveri di chi ha la responsabilità di una grande azienda o di un piccolo ufficio sono quelli di fare bene le assunzioni e di collocare le persone nella posizione di lavoro adeguata per attitudini, studi, esperienze maturate, ecc. e so altrettanto bene che dietro l’assenteismo possono celarsi anche le reazioni del lavoratore rispetto a presunte o reali vessazioni subite; ma quando chi ha la responsabilità della gestione del personale ha ricercato tutte le possibili soluzioni, salvaguardando tutti i diritti umani e sindacali del dipendente, allora sì, si può e si deve intervenire con misure più radicali per garantire il buon funzionamento dell’impresa e per ovvi motivi di rispetto degli altri dipendenti e, vorrei dire, della comunità; e questa è la teoria.
    Nella pratica questa logica è talvolta disattesa per compromessi di vario genere; non solo, ma può capitare di assistere a situazioni paradossali e irrispettose della meritocrazia: e cioè veder premiato chi lavora poco o male per tentarne il recupero o incentivarne l’allontanamento: non è proprio un bell’esempio e risulta particolarmente frustrante per chi opera seriamente. Io, come già detto, rivendico quest’ultima location e nonostante le soddisfazioni di un lavoro che ho amato, qualche opportunità di carriera e guadagno che ho avuto e, soprattutto, i convincimenti appena esposti, ho qualche volta l’impressione che le mie certezze vacillino a causa di un sistema che persevera nel premiare furbi, raccomandati, privilegiati … piuttosto che oneste, brave e meritevoli persone.

    Ho avuto il piacere ed il privilegio di lavorare per Alitalia come funzionario addetto all’istruzione del personale tecnico di volo e di terra e come coordinatore di outsourcing training del personale di manutenzione e ingegneria della flotta.
    Desidero qui prima di tutto condividere i sentimenti di orgoglio, di risentimento e amarezza espressi dai colleghi, ed aggiungere qualche osservazione allo scopo di sgombrare il campo dai luoghi comuni secondo cui noi, “gente dell’aria”, saremmo o saremmo stati tutti fannulloni, privilegiati, non so cos’altro ed, ancora, allo scopo di riabilitare gran parte del personale che, silenziosamente, senza evidenziarsi nelle piazze o apparire nel grande fratello, ha lavorato e lavora in Alitalia. Ciò detto e premesso, non posso certamente affermare che Alitalia fosse immune dal “fannullonismo”; si sa, dipende dal settore o reparto che si prende in considerazione, da eventuali conquistati e inamovibili scudi sindacali, da distorti o diabolici automatismi di tutela di questa o quella categoria, da discutibili scambi di favore tra corporazioni e gestione del personale, da situazioni di mobbing e via discorrendo.

    Provo a raccontare la parte di Compagnia che ho vissuto durante la mia attività di insegnamento degli impianti di bordo degli aeromobili a piloti, motoristi ed assistenti di volo e, sempre per conto o in rappresentanza di Alitalia, ad allievi manutentori, ingegneri e tecnici certificati presso, rispettivamente, il centro professionale Ancifap (ex Ifap IRI), l’Università La Sapienza di Roma e le varie sedi di formazione e addestramento per personale di Alitalia e di altre Compagnie aeree.
    E’ stato, il mio, un lavoro di studio, alla scrivania e sugli aeroplani, a terra e in volo, di lezioni e corsi presso scuole aeronautiche e aziende costruttrici, di manualistica da scrivere e di materiale didattico da preparare, un mestiere fatto di mezzi artigianali e di strumenti didattici avanzati (dalla lavagna di ardesia ai trasparenti delle lavagne luminose, dai system trainers ai simulatori di volo, dalla grafica su diapositive alla computer based instruction), di lezioni seguite e impartite, nei ruoli di docente e discente, esaminatore ed esaminando, in un continuo aggiornamento acquisito e offerto come l’evoluzione tecnologica dell’industria aeronautica abitualmente richiede a chi vi opera.
    La mia esperienza del “vissuto” nella Compagnia si colloca, come già detto, all’interno della funzione di Technical Training con la missione di formare, specializzare e aggiornare gli operatori preposti alle operazioni di impiego, lavorazione, manutenzione e controllo degli aeromobili: posso subito affermare che tutte queste attività sono sempre state svolte in Alitalia, con grande rigore e professionalità, competenza e senso di responsabilità, dagli equipaggi di condotta (piloti e tecnici di volo) e di cabina (assistenti di volo) e dai nostri tecnici dislocati negli uffici, negli hangar, nelle officine e sui piazzali aeroportuali; ma va pure evidenziato che la valutazione dell’efficienza e dell’efficacia di una funzione produttiva richiede, come ben sa chi ha qualche rudimento di gestione aziendale, di rapportare i risultati conseguiti alle risorse poste in essere: e questa operazione è quella che può rivelare disfunzioni e diseconomie.

    I motivi? Tanti e variegati. Fattori endogeni ed esogeni, concatenati e sovrapposti, manifesti e mascherati, talvolta riconducibili a errate scelte o avventate strategie aziendali, talora classificabili come negligenze e inettitudini di dirigenti e responsabili; ma detti fattori anche quando non assumono le sembianze di deliberati sprechi, sperperi o illeciti, prefigurano precise responsabilità. Ma queste responsabilità sono, soprattutto ai livelli medio/bassi, troppo distribuite, frantumate, polverizzate, … inesistenti; restano tuttavia più concentrate, pesanti e ineludibili quelle che gravano sulla dirigenza più alta: ma, si sa, “Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare…” e così nel tentativo di individuare qualche precisa responsabilità siamo punto e daccapo. Tentando un’azzardata conclusione si potrebbe dire che tutti guardano altrove piuttosto che agli interessi dell’impresa e/o dei contribuenti.

    Dalla fine degli anni ‘60 ai primi anni ‘80 la Compagnia dispone di una flotta moderna e ben gestita che impiega su una rete di collegamenti in espansione, tutte le attività di volo e di terra sono svolte in casa, gli impianti tecnici sono all’avanguardia, il servizio ai passeggeri è impeccabile, i sistemi di prenotazione ed i servizi cargo ci vengono invidiati all’estero; e perciò, anche grazie ad un mercato del trasporto aereo in crescita, la Compagnia di bandiera si guadagna una posizione di eccellenza a livello internazionale; è un periodo di cose belle e ben fatte.
    Lo scenario però cambia, dalle prime crisi petrolifere del 1973 alla tragedia dell’11 settembre del 2001 … le cose si fanno più complicate con l’avvento della deregulation, della globalizzazione e delle compagnie low cost; le risposte manageriali, politiche e sindacali a queste nuove sfide si rivelano però ben presto imperfette o inadeguate. E Alitalia, che intanto si scopre malata di gigantismo, viene “curata” anche appaltando, e non soltanto semplici servizi generali ma finanche attività specialistiche e, comunque, senza salvaguardare nè i risultati operativi né quelli economici.

    In quest’ottica vanno guardate con perplessità (è un eufemismo): certe terziarizzazioni e appalti come, ad esempio, le periodiche lavorazioni di poltrone e tappezzerie degli aeromobili affidate a ditte esterne, talune spese estemporanee come, ad esempio, le modifiche di cabina per gli allestimenti di riposo equipaggi sui nuovi B 777, l’apertura del Centro Direzionale di Roma, i trasferimenti e avvicendamenti di personale, principalmente navigante, su Milano Malpensa, le modalità di acquisto di economato, le spese di carburanti e servizi aeroportuali, le alte consulenze commissionate, l’ingaggio di stilisti per divise e allestimenti di bordo e finanche le ricorrenti ristrutturazioni degli organigrammi, mirate non già a virtuose riorganizzazioni quanto al solito valzer di cariche, nomine, poltrone.

    Gli anni ’80 vedono l’Azienda protagonista di varie e alle volte fruttuose compartecipazioni societarie o alleanze tecnico-commerciali ma le difficoltà finanziarie aumentano di pari passo col cambiamento del mercato e con l’incapacità di adottare idonee trasformazioni e adeguate misure di protezione e contenimento delle spese.

    Tornando al mio piccolo vissuto personale debbo dire che comunque è stata un’esperienza di lavoro preziosa ed esaltante, sia sul piano umano che su quello tecnico-professionale.
    Ho prodotto e/o supervisionato numerosi corsi generali e specifici, teorici e on the job, su aeromobili, motopropulsori, impianti, componenti e strumenti di bordo, attrezzature e tecniche di manutenzione, orientati a vari livelli nonché particolari iter formativi volti all’apprendimento di basic knowledge, sistemi di qualità, human factor, sicurezza, …in termini di realizzazione di programmi, manuali d’istruzione, lezioni, esami.
    Mi piace evidenziare che l’intera popolazione di professionisti aeronautici di terra e di volo (dall’operaio all’ingegnere, dall’assistente di volo al pilota), che durante l’intera carriera è chiamata a frequentare corsi di formazione e aggiornamento ed a superare gli esami ed i check di abilitazione richiesti dall’azienda e/o dalle autorità aeronautiche, ha sempre risposto a tali prove con dedizione, competenza e senso di responsabilità. Certo, la produttività è altra cosa ed ha altri parametri di misura e responsabilità, queste ultime imputabili, a seconda del caso, all’organizzazione aziendale, alla categoria professionale o sindacale coinvolta, ecc.
    Alla metà degli anni ’90, mi viene affidato l’incarico di coordinare le attività di addestramento presso terzi della Divisione Operazioni Tecniche; accetto con entusiasmo e con la presunzione di ammodernarne la funzione. Va detto che si tratta di training che, per motivi di contratto in essere, convenienze logistico-economiche o opportunità operative, una volta accertato che non può essere convenientemente prodotto in casa, deve necessariamente essere affidato a ditte esterne all’azienda.
    Le linee guida da me presentate e adottate si propongono di rinnovare o solo rafforzare procedure e metodologie tese alla riduzione dei costi ed alla ottimizzazione dei risultati (centralizzazione delle funzioni, standardizzazione delle procedure, rinnovamento dei processi, ecc.).
    A causa dello scenario organizzativo di contorno, i metodi da me presentati, ancorché condivisi dai livelli superiori, assumono però un mero carattere di suggerimento e invito a regole di buona economia aziendale e, soltanto più di rado, possono essere imposti a collaboratori, colleghi e responsabili dell’intera Direzione per il conseguimento di prefissati obiettivi economici (insomma le solite cose a metà a cui siamo da sempre abituati; voglio appena far notare che i cambiamenti si ottengono quando sono condivisi da tutta la linea di comando, a cominciare dal vertice naturalmente).
    Il coordinamento di questa attività è appunto affidato, come funzione addizionale, alla persona del sottoscritto che, senza benefit economici aggiuntivi nè supporti in termini di risorse umane, continua a mantenere l’incarico di docenza in numerosi corsi di istruzione in accordo con la preesistente posizione; in buona sostanza una doppia mansione con un compito supplementare di accresciuta responsabilità sia per l’autonomia operativa che per il livello degli interlocutori interni ed esterni all’azienda.
    Nonostante le oggettive difficoltà connesse ad un’attività articolata, complessa e voluminosa, ad una normativa interna non pienamente fissata e ad un management disinteressato, detta gestione riesce di anno in anno a garantire risultati in linea, per qualità e quantità, con le esigenze aziendali e con la normativa aeronautica vigente e consente, anche se in misura ridotta e perciò ampiamente migliorabile, di arginare sprechi e minimizzare disfunzioni, contribuendo a consolidare un’amministrazione più virtuosa di incarichi addestrativi commissionati a ditte esterne, missioni del personale e spese di logistica. Si tratta del coordinamento di un’attività dai contenuti importanti e delicati ai fini della qualità, sicurezza ed economia del lavoro in quanto riguarda la formazione, l’addestramento e l’aggiornamento del personale preposto a complesse manutenzioni, ad incarichi d’ingegneria e a controlli di terra e di volo dei velivoli adibiti al trasporto di passeggeri.

    Intanto i guasti gestionali si accumulano e stratificano. La mancata o fallita costituzione di fruttuose alleanze commerciali, l’incapacità di acquisire e amministrare remunerative commesse di transfer of technology, un management colposamente miope o incapace, verosimili ingerenze dei Palazzi e dei Poteri, sono tutti ulteriori gravi fattori che producono un decadimento, uno sgretolamento lento quanto inesorabile e irreversibile di Alitalia Linee Aeree Italiane. Negli anni ’90 si presentano i primi severi segnali di tracollo dell’azienda, aggravati dalla questione Malpensa e dalle rigide imposizioni dell’Unione Europea. La società, dissestata, deve essere privatizzata e messa in vendita; la politica però non rinuncia ancora ad avvicendare alla sua guida numerosi altri esosi Amministratori Delegati che nell’annunciato sforzo di salvarla ne decretano la fine.

    Per quanto possa valere. rivolgo un plauso all’entusiasmo, all’amore ed alla competenza messi in campo dai tanti pionieri e professionisti che hanno contribuito alla crescita di Alitalia – Linee Aeree Italiane la quale fin dal 1947 ha accompagnato la ricostruzione post bellica e lo sviluppo del Paese ed esprimo un augurio di buon lavoro a tutti coloro che in Alitalia – Compagnia Aerea Italiana stanno, nonostante le enormi difficoltà del momento, profondendo perizia e dedizione per ricostruirne un’immagine in grado di riconquistare la fiducia della clientela e degli italiani tutti.

    Professor Brunetta, io credo ancora fermamente nelle doti e nei valori fondamentali che servono a costruire il benessere, la civiltà e la ricchezza di un Paese ma certe esperienze vissute sul campo, le vacuità della società che viviamo, i compensi aleggianti in tante variegate e variopinte attività del mondo dello spettacolo, dello sport, della politica, della libera professione, dell’imprenditoria e del commercio, unitamente alle croniche perduranti iniquità remunerative e fiscali, minano sempre più i miei pur radicati convincimenti: mi aiuti a non cambiare opinione.
    Un concreto, ampio e virtuoso mutamento dello stato sociale, unitamente a tangibili esempi di buon governo della cosa pubblica, stimolerebbero, è una mia presunzione, milioni di cittadini a ritrovare alcuni valori persi, a guadagnare una rinnovata fiducia nelle istituzioni e, non da ultimo, porrebbero nuove basi educative per le nuove generazioni.
    Le auguro buon lavoro.
    Cordialmente
    Virgilio Conti

    Virgilio Conti
    consulente di sistemi aeronautici;ex
    chief instructor e outdoor training administrator in Alitalia
    professore di impianti del velivolo c/o Ifap IRI
    docente di impianti elettrici di bordo c/o l’Università La Sapienza di Roma
    virgilio.conti@alice.it

  5. brag

    È un piacere ed un onore ospitarti 🙂

    Questo sito è a tua completa disposizione per pubblicare riflessioni, testimonianze, pensieri, critiche e commenti sia su Alitalia, che su altri argomenti 😉

  6. Virgilio Conti

    Si, sul destino di mamma alitalia concordo e penso che prima o poi andrà così.
    Mi scuso per aver monopolizzato così tanto spazio sul tuo sito con la mia tesimonianza.
    Un saluto
    Virgilio Conti

  7. brag

    Grazie per la testimonianza.

    Vorrei condividere anche la speranza di una pronta rinascita della Compagnia, ma sono decisamente pessimista viste le prime iniziative del nuovo management.

    Il destino della Compagnia è scritto da tempo e l’attuale crisi economica vedrai che si rivelerà un’ottima scusa per giustificare la definitiva cessione di Alitalia 🙁

  8. Virgilio Conti

    Alitalia. Il punto di vista di un’ex matricola AZ

    Sono un’ex matricola AZ (dal 1968 al 2004) che ha avuto l’onore ed il privilegio di lavorare per Alitalia come funzionario addetto all’istruzione del personale tecnico di volo e di terra.
    Voglio in questo scritto condividere i sentimenti di orgoglio ed amarezza espressi da molti dipendenti della Compagnia, aggiungere qualche mia osservazione ed invitare altri colleghi a fare altrettanto allo scopo di sgombrare il campo dai luoghi comuni secondo cui noi “gente dell’aria” saremmo o saremmo stati fannulloni, privilegiati, non so cos’altro ed, ancora, allo scopo di riabilitare il personale che ha lavorato e lavora in Alitalia.
    Provo a raccontare la Compagnia che ho vissuto durante la mia attività di insegnamento degli impianti di bordo degli aeromobili a Piloti, Motoristi ed Assistenti di volo, a Tecnici, Controllori e Certificati e, sempre per conto o in rappresentanza di Alitalia, ad allievi Manutentori, Ingegneri e Technicians/Engineers presso, rispettivamente, il Centro professionale Ancifap, l’Università La Sapienza di Roma e le varie sedi addestrative nazionali o estere per personale esterno.
    E’ stato un lavoro di studio, alla scrivania e sugli aeroplani, di lezioni e corsi presso scuole aeronautiche e aziende costruttrici all’estero, di manualistica da scrivere e di materiale didattico da preparare, un mestiere fatto di artigianalità e di sistemi didattici avanzati (dalla lavagna ai System Trainers, dai Simulatori di Volo al Computer Based Training), di lezioni seguite e impartite, nei ruoli di docente e allievo, esaminatore ed esaminando, in un continuo aggiornamento acquisito e offerto come l’evoluzione tecnologica dell’aeronautica civile abitualmente richiede a chi vi opera.
    La mia esperienza del “vissuto” nella Compagnia si colloca, come già detto, all’interno della funzione di Technical Training con la missione di formare, specializzare e aggiornare gli operatori preposti alle operazioni di lavorazione, manutenzione e controllo degli aeromobili: va detto che tutte queste attività sono sempre svolte, con grande professionalità, competenza e senso di responsabilità, dai nostri tecnici dislocati negli hangar, nelle officine e sui piazzali aeroportuali; ma va pure evidenziato che la valutazione dell’efficienza e dell’efficacia di una funzione produttiva aziendale richiede di rapportare i risultati conseguiti alle risorse poste in essere: e questa operazione è quella che in Alitalia può scoprire errori e diseconomie.

    I motivi? Tanti e variegati. Fattori endogeni ed esogeni, concatenati e sovrapposti, manifesti e mascherati, talvolta riconducibili a errate scelte o strategie aziendali, talora classificabili come negligenze e inettitudini di dirigenti intermedi; detti fattori anche quando non assumono le sembianze di deliberati sprechi, sperperi o illeciti, prefigurano precise responsabilità. E queste responsabilità che, ovviamente, crescono dalla base al vertice sono sempre troppo distribuite, frantumate, polverizzate, … inesistenti, grazie al disegno dell’organigramma, ai costumi in voga ed a incrociate collusioni imprenditoriali, politiche, corporative e sindacali che guardano altrove piuttosto che agli interessi dell’impresa.
    E così, per via di una terziarizzazione selvaggia, a causa di una meritocrazia di rado applicata, per effetto di una gestione dirigenziale distratta se non colposamente indifferente e in conseguenza delle varie ingerenze dei Palazzi, si determina un decadimento, uno sgretolamento lento e irreversibile di Alitalia Linee Aeree Italiane.
    Dalla fine degli anni ‘60 ai primi anni ‘80 la Compagnia dispone di una moderna flotta che impiega su una rete di collegamenti in espansione, tutte le attività di volo e di terra sono svolte in casa ed il mercato del trasporto aereo di quegli anni è indubbiamente favorevole.
    Lo scenario però cambia, dalle prime crisi petrolifere del 1973 all’11 settembre del 2001 … le cose si fanno più complicate con l’avvento della deregulation, della globalizzazione e delle compagnie low cost e le risposte manageriali, politiche e sindacali a queste nuove sfide sono imperfette o inadeguate. E Alitalia, che intanto si rivela malata di gigantismo, viene “curata” anche appaltando, e non soltanto semplici servizi generali ma finanche attività specialistiche e, comunque, senza salvaguardare nè i risultati operativi né quelli economici.
    In quest’ottica vanno guardati con sospetto: l’acquisto e il mantenimento del faraonico Centro Direzionale della Magliana a Roma, i mai interrotti trasferimenti e avvicendamenti di naviganti, tecnici ed amministrativi su Milano Malpensa, la costosa e mal gestita modifica degli allestimenti di riposo equipaggi sui nuovi B 777, le lavorazioni di interni degli aeromobili affidate a ditte esterne, le modalità di acquisto di economato, forniture d’ufficio, carburanti, servizi aeroportuali, alte consulenze, uniformi e tappezzerie di bordo e finanche le ricorrenti ristrutturazioni degli organigrammi, mirate non già a virtuose riorganizzazioni dei processi lavorativi quanto al solito giro di cariche, nomine, poltrone.
    Gli anni ’80 vedono l’Azienda, che già manifesta qualche difficoltà, protagonista di varie e alle volte fruttuose compartecipazioni societarie o alleanze tecnico-commerciali.

    Tornando al mio piccolo vissuto personale debbo dire che comunque è stata un’esperienza di lavoro preziosa ed esaltante, sia sul piano umano che su quello tecnico-professionale. E così, dopo aver prodotto Corsi (aa/mm SE 210, DC 9, DC 8, B 747, DC 10, B 727, A 300, MD 11, PA 42, A 321, Fo70, basic knowledge, ElectroStatic Discharge, Human Factor, Foreign Object Damage, corso propedeutico aeronautico, tecnologie digitali FBW …) in termini di realizzazione di manuali d’istruzione, lezioni, esami, e coordinato o partecipato a vari altri progetti (Total Quality, Nuova Officina Elettronica, Corso Base Piloti, Video And Computer Based Instruction …), intorno alla metà degli anni ’90, mi viene affidato l’incarico di coordinare le attività di addestramento presso terzi di tutti gli uffici della Divisione Operazioni Tecniche: accetto con entusiasmo e con la presunzione di ammodernarne la funzione. Si tratta di training che, per motivi di contratto in essere, convenienze logistico-economiche o opportunità operative, deve essere affidato a ditte esterne all’azienda.
    Le linee guida da me presentate e adottate si propongono di rinnovare o solo rafforzare procedure e metodologie tese alla riduzione dei costi ed alla ottimizzazione dei risultati.
    A causa dello scenario organizzativo di contorno, i metodi da me presentati, ancorché condivisi dai livelli superiori, assumono un mero carattere di suggerimento e invito a regole di buona economia aziendale e, soltanto più di rado, possono essere imposti a Colleghi e Responsabili dell’intera Direzione per ottemperare a consolidate regole amministrative.
    Il coordinamento di questa attività è appunto affidato, come funzione addizionale, alla persona del sottoscritto che, senza benefit economici aggiuntivi nè supporti in termini di risorse umane, continua a mantenere l’incarico di docenza in numerosi corsi di istruzione in accordo con la preesistente mansione.
    Nonostante le oggettive difficoltà connesse ad un’attività articolata, complessa e voluminosa, ad una normativa interna non pienamente fissata e ad un management disinteressato, detta gestione riesce di anno in anno a garantire risultati in linea, per qualità e quantità, con le esigenze aziendali e con la normativa aeronautica vigente e consente, anche se in misura ridotta e migliorabile, di arginare sprechi e minimizzare disfunzioni contribuendo a consolidare un’amministrazione più virtuosa di incarichi addestrativi commissionati a ditte esterne, missioni del personale e spese di logistica. La materia è importante e delicata ai fini della qualità, sicurezza ed economia del lavoro in quanto riguarda la formazione, l’addestramento e l’aggiornamento del personale tecnico preposto a complesse manutenzioni e/o ad incarichi d’ingegneria e controlli di terra e di volo degli aeromobili impiegati nell’operativo del trasporto aereo civile; e su questa materia, va ripetuto, Alitalia ha sempre operato bene.

    E’ negli anni ’90 che si presentano i primi severi segnali di tracollo aggravati dalla questione Malpensa e dalle rigide imposizioni dell’Unione Europea. La società Alitalia è ormai sufficientemente dissestata per essere privatizzata e messa in vendita; la Politica non rinuncia però ancora ad avvicendare alla sua guida numerosi altri esosi Amministratori Delegati che nell’annunciato sforzo di salvarla ne decretano la fine.
    In aggiunta al punto di vista di chi scrive è giusto citare quello dell’ultimo Amministratore della Bad Company, estratto dall’articolo
    ALITALIA/ Fantozzi: ecco le ragioni del fallimento della compagnia di bandiera (da ilsussidiario.net del 30 dic 2008)
    L’Alitalia «è morta di grandeur» «nella mia relazione sulle cause dell’insolvenza dico chiaramente che l’azienda ha sperperato: non è un mistero che ci sono cinque procuratori della Repubblica al lavoro nei nostri uffici e la Corte dei Conti che indaga».
    A spiegare così le ragioni del fallimento di Alitalia è il commissario straordinario della Compagnia, Augusto Fantozzi in una intervista a tutto campo rilasciata al settimana Espresso domani in edicola nella quale spiega come saranno pagati i creditori …
    Fantozzi spiega anche cosa intende per grandeur. «Semplice. Alitalia pagava tutto il triplo». Così mandava «tre macchine per prendere l’equipaggio, perché se la prima buca e la seconda rompe il motore… era uno spreco». In questo contesto anche il carburante «certamente era pagato troppo».
    Fantozzi affronta anche il nodo dei debiti della bad company…
    «Gli attivi non basteranno a pagare tutti i passivi – spiega – In totale ci sono 3,2 miliardi di passività, e gli asset di Alitalia non sono tantissimi…Ad essere saldati per primi saranno coloro che «hanno continuato a rendere servizi durante il commissariamento.
    Il commissario accenna anche al suo compenso, che dovrebbe arrivare alla fine della procedura di liquidazione della bad company che potrebbe richiedere anche sei-sette anni. «Spero che una parte arrivi prima – afferma – Io il lavoro lo sto facendo. Non sono né esoso né avido. Ma non sono fesso e non ho intenzione di lavorare gratis». Sarà di 15 milioni di euro? «Potrebbe essere quella cifra ma anche meno – afferma Fantozzi – È un calcolo in percentuale sulla massa dell’attivo, del passivo e del recuperato. Ma Palazzo Chigi non ha ancora emanato il decreto per stabilire la percentuale che mi spetta».

    Quindi Fantozzi, tra l’altro, afferma: “ad essere saldati per primi saranno coloro che hanno continuato a rendere servizi durante il commissariamento”. Non so a chi si riferisca esattamente. Io però osservo che per primi dovrebbero essere pagati coloro che hanno assicurato servizi, puntualmente e con efficienza, da sempre ed anche durante i periodi più critici; sono i lavoratori tutti di Alitalia che nonostante disfunzioni, crisi e avversità hanno sempre lavorato tanto, bene e lealmente: si tratta di persone che hanno visto sgretolarsi il valore di azioni non già acquisite per speculazioni di borsa ma che avevano ricevuto dall’azienda a titolo di gratificazione per il lavoro svolto e contratti fallimentari e temono oggi per il TFR o addirittura per il posto di lavoro …
    Commissario Fantozzi, neanche i professionisti di Alitalia sono esosi o avidi e nemmeno loro volevano o vogliono essere considerati fessi per un trattamento economico inadeguato a fronte di prestazioni di tutto rispetto. E, a differenza del suo compenso, per loro non c’è neanche la speranza che Palazzo Chigi possa decretarne le dovute, giuste spettanze.

    In chiusura, un plauso all’entusiasmo, alla lealtà ed alla competenza messi in campo dai tanti professionisti che hanno contribuito alla crescita di questa Azienda la quale fin dal 1947 ha accompagnato la ricostruzione post bellica e lo sviluppo del Paese ed un augurio di buon lavoro a tutti coloro che nella nuova Compagnia stanno profondendo perizia e dedizione per ridefinirne un’immagine che possa riconquistare il cuore e la fiducia della clientela e degli italiani tutti.
    L’Alitalia è viva, viva l’Alitalia!
    Virgilio Conti

  9. brag

    «La cancellazione del titolo Alitalia dai listini è uno schiaffo ai risparmiatori. A dimostrazione che l’intera operazione voluta da Berlusconi è stata non soltanto una frode per i cittadini italiani che sono stati chiamati a pagare salato e di tasca loro la cosiddetta italianità»

    «C’è inoltre un danno specifico per gli azionisti che si vedono ora completamente negato ogni valore al proprio investimento, diversamente da quanto prevedeva sotto questo punto di vista l’accordo con Air France da parte del governo Prodi, che tutelava i risparmiatori. Doveva essere il governo che non metteva le mani nelle tasche dei contribuenti, ma di quelle promesse ora resta solo la rabbia di chi vede andare in fumo i suoi soldi e i suoi diritti»

    Questo è quanto ha dichiarato il senatore del Pd Tiziano Treu. (fonte)

    Purtroppo l’opposizione si scatena sempre a cose fatte; potevano fare qualcosa durante la trattativa con CAI invece di andare in televisione a vantarsi di aver risolto il problema! 🙁

  10. Virgilio Conti

    Titoli Alitalia revocati dalla Borsa: dal 26 gennaio 2009
    Voglio ricordare che i lavoratori di terra e di volo di Alitalia ricevettero nel 1998 azioni dall’azienda, vincolate per tre anni, a titolo di gratificazione e compenso per i sacrifici salariali e normativi.
    Mi piace specificare che a causa dell’iniziale vincolo temporale posto sulla vendita dei titoli, del loro successivo accorpamento numerico (30 a 1!), del susseguente deprezzamento e di altri diabolici meccanismi finanziari, sconosciuti ai più, gran parte dei lavoratori possessori di azioni sono stati di fatto ingannati e imbrogliati.
    Desidero pure evidenziare che detta tipologia di azionisti non va in alcun modo associata alla figura degli azionisti tradizionali che, pur legittimamente e rispettabilmente, investono e speculano in borsa.
    Chiedo perciò al Governo, al Ministro dell’Economia, al Commissario Fantozzi rappresentante di Alitalia Linee Aeree Italiane S.P.A. e ad all’A.D. di Alitalia Rocco Sabelli: dov’è la tutela, più volte espressa e promessa, per i piccoli azionisti Alitalia, soprattutto per quelli che non lo divennero per scelta ma per imposizione?
    Virgilio Conti
    Oricola (AQ)
    DaciaForceOne@gmail.com

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